Storia di Castelbruma
In tempi ormai dimenticati la regione era abitata da tribù di Bruti, che vivevano ad uno stato semibestiale molto simile agli Orchi odierni, gli Elfi li tenevano infatti lontani dalle zone più miti e temperate delle Terre Spezzate di cui si consideravano Re. Quando però i Re della Primavera accolsero i Pitti nei propri territori e fecero loro dono dei vasti boschi di Castelbruma, il popolo dagli occhi dipinti riuscì ad integrarsi perfettamente con i natii Bruti, aumentando anche il loro livello di civiltà e fondando i comuni caratteri religiosi dell'antico culto che ancora accomuna questi due popoli. Questa integrazione s'incrinò quando giunsero gli Uomini del Mare, mentre i Pitti opposero loro una fiera ma vana resistenza i cui pochi superstiti si rifugiarono nelle gelide distese di Altabrina, molti Bruti assecondarono la propria naturale ferocia e si unirono alle schiere degli invasori nella marcia verso sud. Altri rimasero invece con i Pitti, e li seguirono nel nord. L'arrivo degli Uomini del Mare segnò l'inizio della civiltà per il Principato, gli Elfi vi avevano infatti fondato una sola città alla foce del Silente, splendida e solitaria stella del nord. Gli Uomini del Mare prima occuparono la parte ovest del territorio, dove pure i Pitti si erano stabiliti in minima parte, assorbendo le locali tribù di Bruti e fondando Approdo e Corvia. In seguito si spinsero ad est scoprendo i passi Silente e Collepietra, e attraversatili poterono sciamare nelle pianure sottostanti scacciando i Pitti e conquistando la città elfica di Elen Eressea. Fino alla conquista di Alessandro, Castelbruma era divisa in piccoli regni che, alla caduta di Dimora sotto i colpi meridi, non furono in grado di unirsi contro il conquistatore. Alessandro fondò le città di Castelbruma, Portoferro e Roccastrada e divise il territorio in due governatorati separati uno ad est e l'altro ad ovest delle montagne. Alla sua morte i governatori furono rovesciati ma la divisione rimase. Durante i Secoli Bui Castelbruma si unificò progressivamente fino a che, nel sesto secolo, la temibile famiglia D'Urso riuscì a conquistarsi il potere del distretto orientale. In quell'epoca venne edificata la fortezza di Forte Guardiano e, con le spalle coperte, i D'Urso fecero guerra agli Alanera, signori della Valle dello Zaffiro. Il conflitto fu lungo e di alterne vittorie, tanto che il controllo dei passi cambiò più volte di mano, finché alla fine, nel 651, Odoacre D'Urso mise fine alla contesa conquistando Corvia. Da allora i D'Urso sono rimasti al potere generando una stirpe ambiziosa e combattiva in grado di influenzare le sorti delle Terre Spezzate. I D'Urso costruirono sui passi delle imponenti fortezze ed elessero la grande rocca di Castelbruma a loro Capitale, mantennero saldi i Principi dell'antico culto anche quando da Venalia la predicazione della Tetrade cercò di espandersi ai territori confinanti. Ma, mentre a Corona del Re la nuova religione prese piede in fretta, a Castelbruma solo la guerra poté piegare lo spirito degli abitanti. I brumiani riuscirono infatti a contrastarne l'avanzata sino alla guerra con Valleterna, nella quale vistisi sconfitti si ritirarono dietro le montagne ad ovest e da lì trattarono la pace, riuscendo a rimanere sul trono solo al prezzo della sottomissione al nuovo culto. Durante gli anni dell'egemonia valniana, Castelbruma era retta da un Principe consigliato e controllato da un grande Vescovo imposto dal Tetrarca valniano, e molte famiglie nobili si convertirono, per forza o per amore, al nuovo culto. Ma dopo la terribile Peste Equina, ed il conseguente indebolimento del potere di Valleterna, rivolte di carattere religioso cominciarono a scoppiare un pò ovunque nel Principato. Spesso tali ribellioni erano guidate da bruti, e la loro pericolosità indusse il Re di Vesta a reprimerle con durezza, molti massacri furono perpetrati nel nome della Tetrade e alcuni di essi gridano ancora vendetta nel cuore dei brumiani. La situazione si fece talmente grave che nel 1122 il Re ordinò ai guerrieri valniani di ritirarsi dietro i passi nella parte est di Castelbruma. L'antica nobiltà brumiana colse al volo l'occasione e fuggì aldilà delle montagne, dove i D'Urso organizzarono un nuovo grande esercito e grazie ai profughi che ingrossavano le loro file di giorno in giorno, diedero il via all'opera di riconquista. In pochi mesi riconquistarono le loro terre e ricacciarono i Valniani a sud del Passo Tempesta. Ma il Principe Abelardo D'Urso, come del resto è costume della sua casata, era ambizioso e vendicativo e, conscio della debolezza di Valleterna, volle stringere un patto con Altabrina e Neenuvar nel nome dell'antica religione per condannare i valniani alla caduta in tutte le Terre Spezzate. Per ottenere l'appoggio degli Elfi promise addirittura loro che avrebbero riavuto la loro antica Capitale: Dimora, giacché l'ambizioso progetto, sancito del patto, prevedeva la conquista del Trono del Sole e di tutte le Terre Spezzate. Ma il piano non riuscì nella sua interezza: Valleterna fu sconfitta, Corona del Re conquistata, ma quando Abelardo D'Urso non restituì Dimora agli Elfi, questi si tirarono indietro e senza il loro appoggio non riuscì ad Altabrina e Castelbruma di piegare le province meridionali. I D'Urso regnarono per cinquant'anni tra innumerevoli travagli: Neenuvar non si considerò mai come una provincia, il culto della Tetrade pur perseguitato, o forse proprio per questo, si rafforzò persino a Castelbruma stessa. Poi il Regno crollò quasi da solo. Una sola, antica famiglia di Corona del Re aveva unito sotto di sé un'ampia e variegata alleanza e il debole Gualtiero, nipote di Abelardo non gli seppe opporre resistenza. Quasi senza lottare si ritirò a nord chiudendosi dietro Passo Tempesta. Trincerati oltre il passo, per alcuni anni gli inamovibili armigeri di Castelbruma respinsero le offensive del nuovo Re; Forte Guardiano era imprendibile dal sud e la flotta brinnica rendeva impossibile immaginare uno sbarco dietro le spalle dei Brumiani. Poi, quando parve che i Gastaldi, questo era il nome dei nuovi sovrani, avessero rinunciato, ciò che non era riuscito con la forza dell'acciaio riuscì con il tradimento. Un infame patto tra il Clan del Falco e la Corona permise al Re di sbarcare un grande esercito nella baia di Riparossa. Castelbruma era stata venduta per la concessione del titolo di Principi di Altabrina ai Signori della Gargiarocca. Così sotto le mura della Fortezza di Castelbruma il Principe Gualtiero si piegò ai nuovi Re, che gli inflissero una bruciante umiliazione: i D'Urso dovettero nuovamente adottare il nuovo culto come religione propria e delle loro terre. Da allora, negli ultimi ottanta anni, la regione è rimasta sostanzialmente in pace, i D'Urso hanno prodotto Principi forti e determinati che hanno rafforzato il loro controllo su tutta Castelbruma. L'attuale Principe Alarico d'Urso, a giudicare dalle sue maniere e dal matrimonio politico che ha siglato sposando la figlia del Principe di Venalia, sembra un Bruto ambizioso e terribile, e chissà che non abbia intenzione di riportare le proprie terre alle vittorie del passato.